lunedì 1 giugno 2009

Il “mostro” disse: vendete le vostre braccia


Stati Uniti anni '30: il capitale bancario arriva nelle campagne sotto forma di trattrici diesel e scaccia dai campi contadini e mezzadri: che elemosinino altrove il lavoro. E ancora una nuova guerra tra poveri. Un incubo sulle zolle americane, la fine del sogno jacksoniano del contadino che dissoda la sua terra, proprio quando il neo presidente Roosevelt annuncia che i “mercanti sono fuggiti dal tempio della nostra civiltà”.

Ecco le parole di John Steinbeck (Nobel per la letteratura 1962):

E arrivarono le trattrici. […] Mostri dal grifo appuntito che procedevano il linea retta sui loro cingoli entro nuvole di polvere, grufolando inesorabili, superando palizzate, cortili, avvallamenti, squarciando la terra, insinuandosi sotto gli atrii delle case coloniche, dissodando le aie, scalando ripe, abbattendo cinte, ignorando ogni ostacolo.
Sul suo sedile di ferro il conducente non aveva aspetto umano. Inguantato, occhialuto, mascherati il naso e la bocca contro la polvere, era parte integrante, del mostro, era un fantoccio meccanico. […]
Il conducente non poteva impedire al mostro di avanzare e retrocedere in linea retta per la campagna e di travolgere nella sua marcia dozzine di fattorie. Azionando leve e comandi si sarebbe potuto deviarlo, ma il conducente non poteva perché un altro mostro, il mostro che aveva costruito la trattrice, che l'aveva inviato sul posto s'era immesso nella mani, nel cervello, nei muscoli del conducente, lo teneva imbrigliato e imbavagliato … imbrigliata la mente, imbavagliata la bocca, imbrigliate le sue facoltà di percezione, soffocata ogni sua voce di protesta. Non poteva vedere la campagna così com'era, né assaporare l'odore genuino della terra, né calpestarne le zolle, né sentirne il calore e la forza. Sedeva su uno sgabello di ferro e premeva pedali di ferro. Non poteva apprezzare né comprimere, o maledire o incoraggiare il proprio potere nei confronti della terra e di conseguenza era incapace di provare gioia o tormento, furore o sollievo. Non conosceva la terra, non era sua, non aveva fede in lei, non la supplicava. Se un granello di seme non germinava, egli non se ne dava pensiero. Se i teneri sprocchi appassivano nella siccità o affogavano sotto la pioggia, egli rimaneva indifferente, come la trattrice.
Non amava la terra, non più di quanto l'amasse la banca; ma non amava nemmeno la trattrice. […] Il conducente sul suo sgabello di ferro s'inorgogliva dell'impeccabile dirittura dei solchi che non tracciava lui, della trattrice che non era sua e ch'egli non amava, della potenza di cui si sapeva schiavo. E s'arrivava alla maturazione a alla mietitura senza che nessun essere umano avesse sbriciolato con le mani le tiepide zolle o setacciato la terra tra le dita, senza che nessuno avesse toccato il seme o ne avesse spiato con ansia la crescita. Gli uomini mangiavano ciò che essi non avevano coltivato, più nessun vincolo li legava al proprio cibo. La terra s'apriva sotto il ferro e sotto il ferro gratuitamente inaridiva: nessuno c'era più ad amarla o a odiarla, nessuno più la supplicava o malediceva. […]"

J. Steinbeck “Furore”, ed. Bompiani.

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