venerdì 26 febbraio 2010

Prove d'America Latina


E se l'America Latina divenisse il cortile di casa dei latino-americani? Ovvio che la mia frase non debba essere intesa in senso geografico: sarei da ricovero. No, parlo di una vera e propria "rivoluzione copernicana" nei rapporti internazionali.

Segnerebbe la fine di quella odiosa dottrina partorita da Washington sotto il nome di "Dottrina Monroe" (1823) la quale, sotto le spoglie di ombrello protettivo del continente americano intero dalle potenze coloniali europee, aveva ridotto la parte caraibica e meridionale ad un protettorato. Tanto che io risulto troppo giovane per ricordarmi di tutti i colpi e colpetti di stato che zio Sam ha ordinato/ordito per svuotarle di ricchezze e tenerne buoni gli abitanti sodomiti (i conquistadores così li vedevano!) e comunisti ( al Pentagono così li vedono!). Poi con il passare dei decenni, fino al Bush piccolo la dottrina Monroe si è estesa a tutto il mondo (con Carter la dottrina toccò il Golfo Persico): un'aia a stelle e strisce così grande che i marines devono spazzarla di continuo (e zittire gli starnazzamenti degli alleati).

Le scope della libertà! Delle quali i cugini del sud sono sempre più insofferenti, come dimostrano i successi dei vari Chavez, Correa, Lugo, Morales e via dicendo. Quest'ultimo poi, si è liberato pure di una loro base. E la voce grossa la fa pure il Brasile di Lula, questa potenza regionale tanto insolente da difendere il diritto al nucleare dell'Iran governato dall'Hitler di turno. Se pure i moderati disubbidiscono, che mondo mai sarebbe?

In questi giorni da Cancun, in Messico, nel vertice dei presidenti latino-americani conclusosi martedì, si è fatta avanti proprio l'idea di una "America Latina ai latino-americani". Ci sono i soliti servi (gli stracci delle scope della libertà) contrari, ma l'annuncio è una bella speranza. Si vedrà! Io continuo solo a vedere i pericoli ...

PER APPROFONDIRE:

- Una "dottrina Monroe mondiale"
(Articolo mio e del compagno Andrea comparso su "La contraddizione"

- Cosa si prepara contro il Venezuela

mercoledì 17 febbraio 2010

E lo si chiamò "quel patto scellerato"


Nel nostro bel presente dalle magnifiche sorti progressive, analisi storica e attualità politica vanno a braccetto. La prima, un poco più piccina, tende la mano alla seconda che gentilmente l'accompagna e guida nell'impervio cammino della condanna di tutto ciò che puzza di rosso, di comunista e di movimento operaio. Che impresa titanica! Che rischi che corrono i tromboni del Capitale! Ridotta al lumicino la presenza comunista crea ancora tutti questi timori? Facciamo paura, già! Lo faremo sempre finchè si vivrà nelle palesi contraddizioni (tranquilli, ci dicono, tutta roba che si aggiusta) del presente sviluppo.

Vabbè, inutile proseguire, già lo sappiamo; come ha scritto Domenico Losurdo, la storia del comunismo è oggetto ormai dello studio delle mostruosità (teratologia). E ci sono cascati in tanti, pure la sinistra, moderata e radicale: condanniamoci che è "à la page", buttiamo via tutta l'acqua sporca del Novecento con tutti i bambini (quelli che non abbiamo mangiato o ridotto a concime dopo bollitura).

In questa cornice, di minoranze e continue rese, si aprono ogni tanto squarci di sereno (ovviamente non elettorali), di buone letture e analisi approfondite. Mi riferisco, nello specifico, al libro "1939. L'alleanza che non si fece e l’origine della Seconda Guerra Mondiale" del canadese Michael Jabara Carley.

Voi lo sapete, nella bolgia infernale dei crimini sovietici e comunisti troviamo il patto di non aggressione tedesco-sovietico del 1939 (il Patto Ribbentrop - Molotov). Nella vulgata attuale è stato promosso ad alleanza - patto suona troppo neutrale - così da meglio infangare l'Urss staliniana e permettere di catalogare nazismo e comunismo sotto la generica categoria di "totalitarismi", tutti uniti nell'opera del Male. Insomma, basta con le sottigliezze da storici! Da una parte c'è il bene (mai rosso) e dall'altra il male (il rosso c'è sempre): così si capisce tutto, e ragionare non serve più di tanto (non c'è neppure data di scadenza).

Lo storico Carley invece, si mostra testardo, e non è neppure uno stalinista. Questo è davvero pericoloso, come fare a condannarlo? Non lo si può fare certo agevolmente perchè le fonti della sua sottile e perspicace analisi sono tante e spaziano in tutti gli archivi (tedeschi, britannici, francesi, sovietici ...). Dalle sue pagine esce un'Unione Sovietica attaccata con testardaggine, fino alla fine, al progetto di una "sicurezza collettiva" che coinvolga Francia e Gran Bretagna per garantire ogni pezzo del continente contro l'aggressvità nazista. Una politica realista, senza tentennamenti ideologici. A fare politica estera "ideologica" sono invece britannici e francesi (con qualche lodevole eccezione), animati da un forte anticomunismo e dai timori che una guerra possa solo facilitare l'espansione ad ovest dei bolscevichi.

Preferiscono l'accordo con Hitler, vorrebbero spingere la sua fame verso est, tanto da sacrificare, nel settembre del '38 a Monaco, la Cecoslovacchia. Senza garanzie reali, oggetto di continui sospetti e stanca dei reiterati tentennamenti l'Urss non aveva altra scelta per tenere lontana la guerra dalle proprie frontiere che un accordo con la Germania nazista. Lo comprese anche quel testardo realista di Churchill. Tradimento? Colpo alle spalle? Se questo è il verdetto, che dire allora del patto di Monaco?

Il libro ci presenta, quindi, l'immagine di un'Urss diversa da quella stereotipata di un Paese che sul piano della politica internazionale si fa guidare dalle lenti ideologiche e che, per questo, si pone con eguale distanza dalle potenze imperialiste, in attesa che si dissanguino reciprocamente. Così non fu. Anzi, proprio ai sovietici, fin dall'inizio consapevoli del grave pericolo, va il merito di avere cercato una alleanza democratica anti-nazista

Insomma, consigliato vivamente.

giovedì 11 febbraio 2010

Iran: c'è da finire il lavoro


L'operazione è partita: forse entro quest'anno oppure all'inizio del prossimo, ma l'Iran verrà attaccato. Mi vesto da Cassandra? Non credo, troppi fatti sostengono la previsione. Come in occasione della Jugoslavia prima e dell'Iraq poi, è partita una pervicace operazione di denuncia del nuovo "Hitler" ora reincarnatosi - ma non si stancherà il suo spirito? - nelle sembianze di Ahmadinejad.

E' lui che, nonostante elezioni che ne corroborarono la legittimità e la larga popolarità, opprime e schiavizza il suo popolo; è lui che usa la forza per reprimere i manifestanti della libertà, quei verde-colorati dei quartieri ricchi che anelano al bel vestito e al diritto al godereccio lusso. Prima o poi finiranno i bei colori per le rivoluzioni tutte dipinte Cia. Ma sono tanti, troppi.


I nostri tromboni della libertà - i tanti intellettualoni dei circoli televisivi - starnazzavano di brogli nelle presidenziali iraniane e glorificavano i nuovi giovani eroi che mettevano a ferro e fuoco la capitale iraniana, mentre quando, poco dopo, i brogli in Afghanistan davvero si produssero, il silenzio riprese lo scettro: come brilla, tanto da accecare, la nostra Camelot assediata! Non parliamo poi del colpo di stato in Honduras! Quello no, l'ha fatto un simpatico bergamasco di nome Micheletti. Lì i voti nemmeno sono arrivati: anzi numerosi resistenti, semmai, sperano di poter votare come zombie almeno.

Famelico dittatore e basta? No, assolutamente. Ahmadinejad è pronto a sviluppare il nucleare per il suo paese! Che orrendo crimine in un mondo che, tutt'ad un tratto, sembra denuclearizzato (ve lo ricordate questo aggettivo ben stampato sulle insegne stradali comunali, prima della comparsa dei dialetti?). No, lui l'atomica non può averla! In quell'area spetta solo - per diritto biblico - ad Israele perchè ha governi democratici che con il consenso predicano e razzolano apartheid e sterminano con quotidiana lucidità un popolo: essere dalla parte giusta consente anche il genocidio, l'ho capito! Ma non mi stanco di sottolinearlo. Tanti possono avere il nucleare e anche le bombette - son democratici lor signori! - per disseminarle ovunque, ma l'Iran non deve neppure pensarci: il suo diritto, internazionalmente riconosciuto, è solo quello di restare vulnerabile, non troppo sviluppato e di non permettersi neppure di bilanciare un poco l'equilibrio di potere in Medio Oriente.

Arriverà la guerra, Obama resterà comunque buono. A sinistra tanti aspetteranno la liberazione di Teheran, mentre una sparuta minoranza spererà addirittura nella prossima rivoluzione bolscevica persiana sull'onda degli eserciti Nato ... E' già successo.

Io buono non sono: saprò dove stare. Con l'aggredito. Pure questo, è già successo. Tengo stretto il mio diritto di perdere, in un mondo che vuole solo vincere, che preferisce l'elmetto alla testa.

d.