mercoledì 17 febbraio 2010

E lo si chiamò "quel patto scellerato"


Nel nostro bel presente dalle magnifiche sorti progressive, analisi storica e attualità politica vanno a braccetto. La prima, un poco più piccina, tende la mano alla seconda che gentilmente l'accompagna e guida nell'impervio cammino della condanna di tutto ciò che puzza di rosso, di comunista e di movimento operaio. Che impresa titanica! Che rischi che corrono i tromboni del Capitale! Ridotta al lumicino la presenza comunista crea ancora tutti questi timori? Facciamo paura, già! Lo faremo sempre finchè si vivrà nelle palesi contraddizioni (tranquilli, ci dicono, tutta roba che si aggiusta) del presente sviluppo.

Vabbè, inutile proseguire, già lo sappiamo; come ha scritto Domenico Losurdo, la storia del comunismo è oggetto ormai dello studio delle mostruosità (teratologia). E ci sono cascati in tanti, pure la sinistra, moderata e radicale: condanniamoci che è "à la page", buttiamo via tutta l'acqua sporca del Novecento con tutti i bambini (quelli che non abbiamo mangiato o ridotto a concime dopo bollitura).

In questa cornice, di minoranze e continue rese, si aprono ogni tanto squarci di sereno (ovviamente non elettorali), di buone letture e analisi approfondite. Mi riferisco, nello specifico, al libro "1939. L'alleanza che non si fece e l’origine della Seconda Guerra Mondiale" del canadese Michael Jabara Carley.

Voi lo sapete, nella bolgia infernale dei crimini sovietici e comunisti troviamo il patto di non aggressione tedesco-sovietico del 1939 (il Patto Ribbentrop - Molotov). Nella vulgata attuale è stato promosso ad alleanza - patto suona troppo neutrale - così da meglio infangare l'Urss staliniana e permettere di catalogare nazismo e comunismo sotto la generica categoria di "totalitarismi", tutti uniti nell'opera del Male. Insomma, basta con le sottigliezze da storici! Da una parte c'è il bene (mai rosso) e dall'altra il male (il rosso c'è sempre): così si capisce tutto, e ragionare non serve più di tanto (non c'è neppure data di scadenza).

Lo storico Carley invece, si mostra testardo, e non è neppure uno stalinista. Questo è davvero pericoloso, come fare a condannarlo? Non lo si può fare certo agevolmente perchè le fonti della sua sottile e perspicace analisi sono tante e spaziano in tutti gli archivi (tedeschi, britannici, francesi, sovietici ...). Dalle sue pagine esce un'Unione Sovietica attaccata con testardaggine, fino alla fine, al progetto di una "sicurezza collettiva" che coinvolga Francia e Gran Bretagna per garantire ogni pezzo del continente contro l'aggressvità nazista. Una politica realista, senza tentennamenti ideologici. A fare politica estera "ideologica" sono invece britannici e francesi (con qualche lodevole eccezione), animati da un forte anticomunismo e dai timori che una guerra possa solo facilitare l'espansione ad ovest dei bolscevichi.

Preferiscono l'accordo con Hitler, vorrebbero spingere la sua fame verso est, tanto da sacrificare, nel settembre del '38 a Monaco, la Cecoslovacchia. Senza garanzie reali, oggetto di continui sospetti e stanca dei reiterati tentennamenti l'Urss non aveva altra scelta per tenere lontana la guerra dalle proprie frontiere che un accordo con la Germania nazista. Lo comprese anche quel testardo realista di Churchill. Tradimento? Colpo alle spalle? Se questo è il verdetto, che dire allora del patto di Monaco?

Il libro ci presenta, quindi, l'immagine di un'Urss diversa da quella stereotipata di un Paese che sul piano della politica internazionale si fa guidare dalle lenti ideologiche e che, per questo, si pone con eguale distanza dalle potenze imperialiste, in attesa che si dissanguino reciprocamente. Così non fu. Anzi, proprio ai sovietici, fin dall'inizio consapevoli del grave pericolo, va il merito di avere cercato una alleanza democratica anti-nazista

Insomma, consigliato vivamente.

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