lunedì 8 marzo 2010

La violenza è sempre degli altri ovvero i nuovi manchesteriani della Società della pace



La bolla nella quale viviamo è quella della retorica democratica. Una bolla gonfiata, peraltro, dall'ossessione securitaria. Ce lo dicono, ce lo ricordano e ce lo ripetono: noi viviamo in paesi civili con tanto di democrazia. Darsi dei dubbi, avanzare critiche è, puntualmente, un'operazione di qualche accademico stalinianamente frustrato – se va bene – oppure il canto del cigno di qualche impenitente – e minoritario – avanzo del socialismo reale sopravvissuto nonostante le soglie di sbarramento (queste arrivate senza decreti ma con gentile mercanteggiamento bipartisan). Io risulto, stancamente, tra quest'ultimi.

Come è ben raccontata questa democrazia, pure di sostanza (le forme posson saltare). Come si è poi creata, attraverso i suoi tromboni denunciatori delle grandi ideologie, la sua grande narrazione ideologica dell'esportazione di essa stessa ovunque! Ha certo elaborato una sua “neolingua” come denunciamo da anni: fa la guerra senza farla, bombarda senza ammazzare, invade con i fiori sui fucili e a sparare e ad ammazzare sono sempre gli altri. Israele rade al suolo Gaza, ma a far notizia sono i muri di qualche casa israeliana rovinati da quei razzetti Qassam, lanciati dai resistenti palestinesi, diventati subito “missili” così da giustificare via etere un massiccio bombardamento. Un israeliano morto fa più notizia di cento palestinesi inviati ad Allah.

Questo 1 a 100 rappresenta con tutta probabilità il valore che diamo alla vita altrui. Nazisti, verrebbe da dire. Ma no! Non facciamo altro che ripetere le vecchie logiche, coloniali e imperialiste, della guerra democratica e della disumanizzazione degli altri. Non siamo violenti, solo perché la violenza, quella che puzza di sterminio, l'abbiamo portata lontano dai nostri confini. Per questo mi viene voglia di citare il caro Marx che avrà sbagliato tanto e che bisognerà superare, ma che sul colonialismo e la sua violenza resta ancora, anche se non tutto è condivisibile, di una lacerante attualità:

La profonda ipocrisia, l'intrinseca barbarie della civiltà borghese ci stanno dinnanzi senza veli, non appena dalle grandi metropoli, dove essere prendono forme rispettabili, volgiamo gli occhi alle colonie, dove vanno in giro ignude”. (K. Marx, New York Daily Tribune, 8 agosto 1853)

E ancora:

Naturalmente, per la sensibilità europea le orribili mutilazioni inflitte dai sepoys [soldati indiani ribellatisi alla autorità britannica in India], il taglio dei nasi, seni ecc..., sono più rivoltanti che il lancio di palle infuocate sulle catapecchie di Canton ad opera di un segretario della manchesteriana Società della pace o il rogo di arabi stipati in caverne per ordine di un maresciallo francese, o il gatto a sette code che scortica vivi i soldati britannici per sentenza di corti marziali giudicanti per direttissima, o qualunque altro filantropico arnese usato nei penitenziari britannici”. (K. Marx, New York Daily Tribune, 16 settembre 1857)

Io leggo e mi vengono in mente le bombe a grappolo, l'uranio impoverito, il fosforo bianco e la mattanza di Genova. Noi siamo, da sempre, venuti in pace.

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